Marco Torracchi - Prato
L' INVENTORE MATTO
Tanto tempo fa, oppure no, v'era un regno talmente grande che i suoi confini andavano oltre l'orizzonte conosciuto. Il territorio era brullo, ghiaioso e, per ottenere qualche pianta che li potesse nutrire, gli abitanti dovevano faticosamente lavorare la terra con le mani oppure aiutati dalle vacche a ararla, spezzandosi la schiena dalla fatica. V'erano alcuni appezzamenti fertilissimi ma erano ad esclusivo uso del Re. Questi era un uomo prepotente che, come tutti i predecessori, s'era badato bene da dare un'istruzione ai propri sudditi, oppure dar loro la possibilità di star bene.
I frutti migliori, la carne migliore erano solo a sua disposizione ma questo lo sapevano solo il re e i suoi cortigiani. Per questo non si può dire che gli abitanti di quel regno odiassero il loro Re, essi semplicemente pensavano che anche lui soffrisse per vivere. Non c'erano Sabato o Domenica, non esistevano le feste, quindi era un giorno come tutti gli altri quando nel piccolo borgo, non lontano dal castello reale, arrivò un piccolo carretto scassato. Lo guidava un uomo di mezza età, sorridente, dai capelli ritti e sconvolti. Salutava tutti e tutti rimasero sorpresi da questo atteggiamento perché nessuno salutava mai. Si fermò nel mezzo della piazza principale. L'uomo tutto allegro scese dal carro, prese i componenti di una intelaiatura che montata ad arte divenne una specie di teatrino. Quando tutto sembrava pronto si sentì suonare un campanello: " Venghino, venghino lor signori, è arrivato dal paese degl'incantesimi e delle magie l'inventore più matto di ogni tempo e di ogni luogo. Esprimete un desiderio ed io inventerò il modo per realizzarlo".
Ovviamente nessuno si mosse per andare vicino al teatrino, non l'avevano mai vista una cosa del genere, uno con fare così gioioso che li invitava a fare qualcosa di diverso dal lavorare. L'uomo tra sè si chiese "Ma che luogo è questo?" poi vedendo di quanto i popolani fossero intimiditi, usci dal retro del piccolo teatro e si avvicinò a loro. Senza dire una parola ne prese alcuni per mano e li portò vicino al palcoscenico. "State fermi qui e potrete godere gratuitamente del più grande spettacolo di tutti i tempi! Ehi, tu, come ti chiami?" L'uomo indicato dal dito quasi s'impaurì d'essere stato scelto. "Oh, dico a te, dai non essere timido, dimmi il tuo nome!"
Dopo un attimo d'esitazione l'uomo disse "Solitario." "Si comincia bene " pensò l'inventore "Allora, Solitario, cosa vorresti che inventassi per te?" L'uomo indietreggiò intimorito e non emise una parola. L'inventore si guardò intorno e colpito dalla mancanza di un'espressione sorridente in tutti i loro visi disse: " Allora decido io! Per lor signori oggi inventerò la Gioia!" "La gioia? E cos'è?" domandarono gli sparuti spettatori. "La gioia è l'arte di vivere, io l'inventerò ora per voi e sarete felici" E non gli insegnò altro che a giocare. Non lo avevano mai fatto e fu una straordinaria scoperta: a nascondino, a calcio, a ci-bè, con le bambole e molti altri divertimenti ancora. Nacque così il primo sorriso sulla faccia di quella gente.
"Ora che vi ho mostrato la mia bravura, disse l'inventore matto, vi prego di aiutarmi con le vostre offerte al fine di sfamare questo mio povero pancino" ma quelle persone erano ancora più povere di lui e rimasero imbarazzate dal fatto di non aver nulla da donargli. L'inventore non ne fece un problema "Per stasera vedrò d'inventare qualcosa per mangiare, ah ah ah!!" E tutti risero insieme a lui. "Volete che torni domani?" "Sìììì!!!" "A domani, allora." Puntuale quel matto di un inventore si presentò nella piazzetta il giorno dopo. Tutti al suo arrivo sorrisero. "Vedo che oggi va molto meglio di ieri. Volete che anche oggi scelga io cosa inventare? Vedo che annuite tutti. Ed allora oggi inventerò…inventerò l'Amore" "Che cos'è, che cos'è? " chiesero tutti golosi di sapere.
"Beh, l'amore è il calore dentro di noi che serve a scaldare chi ha il freddo nel cuore." "Sì, sì, inventalo, ti prego" fece una voce tra la folla L'inventore scese dal teatrino e corse ad una ventina di metri di distanza. S'avvicinò ad una vecchia seduta su una sedia davanti alla porta di casa: "Vuoi venire laggiù insieme agli altri?" "Mi piacerebbe, disse la vecchia, ma le mie gambe non ce la fanno più." "Ti ci porto io!" e prendendo lei e la sedia con gran sforzo la portò sotto il teatrino "e ora divertiti, mia dolce signora!" Tutti rimasero sorpresi da questo fatto, dall'attenzione che lui aveva avuto per la vecchia. Nessuno aveva mai aiutato gli altri, ognuno aveva sempre pensato solo a se stesso e alla sua sopravvivenza.
L'inventore matto dette poi una carezza ad una piccola, strinse la mano ad un contadino e tutti cominciarono a scambiarsi cortesie. "Questo è l'amore, miei signori. Quest'invenzione ve la regalo con il cuore. Usatela quanto più potete! Domani tornerò per un'altra straordinaria invenzione." Ma i soldati del Re arrivarono in gran velocità e legandolo lo portarono nelle prigioni più profonde del regno. Il Re, che lo aveva osservato da lontano aveva capito che l'inventore poteva essere un pericoloso personaggio. Il suo popolo non doveva conoscere la felicità e l'amore o altre diavolerie che poteva renderlo incontrollabile.
In quelle galere sarebbe morto d'inedia. Ma c'era un soldato, messo a sua custodia, che aveva osservato le sue incredibili invenzioni. Dispiaciuto si avvicinò alla bocchetta della porta della cella:" Perché non inventi qualcosa per liberarti?" L'inventore si volse con gran lentezza verso il soldato e con un soffio di voce disse" Solo la Giustizia mi può liberare, ma non la posso inventare io." "E chi lo può fare?" domandò il soldato "Lo potete fare solo tutti voi."
Il soldato finito il suo turno tornò a casa e raccontò in famiglia ciò che si era detto con l'inventore: "Secondo me è proprio matto." Disse la moglie. "Io non lo penso affatto!" rispose il soldato. Cominciarono così a parlarne anche con gli altri. Tutti cercarono di capire cosa volesse dire l'inventore con "tutti voi". Cosa potevano inventare, loro, poveri ignoranti? Cos'era la Giustizia? Passarono alcuni giorni e l'inventore sembrava non farcela più. "Sta morendo!" Riportò il soldato al grosso gruppo di persone radunatesi nella piazzetta. Un bambino con le lacrime agli occhi disse "Non è giusto, non è giusto!"
Il piccolo era riuscito nell'intento. L'aveva inventata lui la Giustizia. Tutti capirono ed andarono urlanti alle prigioni decisi a liberare il prigioniero. Il Re intimorito liberò subito l'inventore. Fu gran festa al ritorno del "matto", ma lui dopo qualche giorno annunciò la sua partenza:"Non posso fermarmi, il mondo ha bisogno delle mie invenzioni" e se ne andò sicuro di lasciarli felici e contenti.